Strategia e l'arte di farla accadere - Postilla #27
Fare strategia può essere considerato un compito come tutti gli altri? Il lavoro è complesso ma, strategia e creatività, semplicemente accadono.
Una doverosa premessa: noi pensiamo che fare strategia sia un lavoro complesso e profondo per il quale si debba essere preparati e competenti.
Crediamo che troppo spesso la parola strategia e i suoi derivati siano utilizzati a sproposito:
in senso positivo, per darsi un tono in riunioni che di strategico hanno ben poco
in senso negativo, ad indicare tutto ciò che non rientra nel perimetro dei pragmatici
Il fatto che le dinamiche siano diverse da quelle che regolano i compiti operativi è oggetto di questa Postilla.
“La strategia è, come la cultura, una sorta di liquido lubrificante che scorre tra i compiti, li mette in relazione e li rende significativi. E quindi deve necessariamente essere generata al di fuori del framework che regola l’esecuzione.”
Di questa frase non siamo riusciti a ritrovare la fonte, sono quelle cose che si accumulano nelle note di Sara dalla notte dei tempi e che magicamente vengono ripescate e condivise durante i nostri caffè del lunedì.
Il punto è accettare che svolgere un compito e fare strategia richiede tempi, risorse, e dinamiche di pensiero completamente diversi, così che i due non possano coesistere.
Fare strategia è un compito come tutti gli altri?
Eseguire un compito ha che fare con un obiettivo, una sequenza di attività, un tempo stimato.
Fare strategia ha a che fare con la capacità di identificare e valorizzare l’unicità di ogni persona e organizzazione, sapendo leggere il passato per proiettarlo nel futuro.
Per citare Henry Mintzberg:
La strategia è un modello in un flusso di decisioni.
Fare strategia per noi è sapersi interrogare sul perché facciamo quello che facciamo. E poi coerentemente realizzare il cosa fare attraverso un come, che siano unici.
Vale per le persone e vale per le organizzazioni, come sistemi complessi di persone.
Se un’organizzazione è arrivata dove è arrivata, significa che già ha intrapreso scelte e comportamenti coerenti con un perché che è parte della cultura aziendale.
Nel tempo si perde la connessione con il dna profondo che ha ispirato tutte le scelte strategiche aziendali, dal marketing al modello di business; riscoprirlo porta nuova energia per proseguire il percorso di successo o per uscire da situazioni di impasse.
Recita un proverbio africano:
È quando non si sa dove si va che è bene sapere da dove si viene
Il perchè di un’organizzazione è già nell’organizzazione, come lo è nelle persone. Non va studiato a tavolino, bensì rivelato, ovvero lasciato emergere.
Il percorso prevede di unire i punti guardando indietro, dove troviamo la conoscenza profonda del dna stesso. Si scende in profondità per trovare nei momenti in cui siamo stati (o non siamo stati) la miglior versione di noi stessi quel filo conduttore che ci porta nel futuro.
Si tratta di un lavoro di interpretazione profonda che, passando dalla memoria e attivando il pensiero critico, porta l’attenzione alle connessioni che attivano il pensiero creativo.
Non è un ossimoro: lavoriamo all’innovazione guardando al passato.
Del resto, a ben pensarci, il passato lo abbiamo già vissuto con tutti i nostri sensi, mentre il futuro è ancora inesplorato e non contiene conoscenza.
Come fare?
Il ruolo dello storytelling è fondamentale: ogni volta che raccontiamo la storia la arricchiamo di quel dettaglio in più che ci porta ad una conoscenza più profonda, ed è là che si trovano le connessioni ricche di significato e ispirazione per risalire.
Inoltre crediamo che per fare strategia serva una dimensione spazio-tempo dedicata. Ci sono contesti in grado di far accadere la creatività: sono fatti di ritualità, ispirazione, conoscenza e metodo; soprattutto sanno mettere al centro l’essenza del nostro essere umani.
Dopo 15 anni di pratica in OfficinaStrategia abbiamo provato a sintetizzare gli elementi ricorrenti di un processo in grado di fare (accadere) strategia:
Rallentare per andare in profondità alla ricerca delle poche cause responsabili di molteplici sintomi tutti connessi
Sentirsi a proprio agio in un ambiente informale e di fiducia
Disconnettersi dalla quotidianità (dagli obiettivi di breve e dalle distrazioni)
Accettare la mancanza di un programma e l’idea di non dover misurare il risultato della strategia
Aprirsi alla lettura del contesto da analizzare senza giudizio, guardandolo dalla giusta distanza
Rileggere il passato attraverso le storie di successo e di fallimento e unire i puntini
Avere una guida capace di ascoltare e di interpretare il racconto con competenza di metodo e conoscenza delle dinamiche organizzative
Muoversi e osservare anche fisicamente da prospettive diverse
Avere sempre qualcosa da mangiare e da bere a portata di mano
Concedersi pause programmate e altre non programmate per ripristinare l’attenzione e l’energia
Scrivere e disegnare in prima persona
Visualizzare utilizzando grandi fogli che permettano di creare nuove connessioni
Fissiamo dunque un punto di partenza.
Esistono due tipologie di attività diverse:
i compiti esecutivi, per i quali ci viene in aiuto la tecnologia favorendo la massima produttività, azzerando le distanze, e ottimizzando i tempi;
la strategia, dove è il pensiero creativo a fare la differenza.
Se tanti compiti possono essere svolti da ovunque grazie alla tecnologia, la strategia richiede un luogo fisico di pensiero, relazione, metodo.
Ci sono spazi adatti all’esecuzione dei compiti, e ci sono spazi adatti all’attività strategica.
Allora forse lo spazio potrebbe diventare una leva per il cambiamento verso nuovi modelli di lavoro.
Ne parleremo nei prossimi giorni in una Postilla speciale dedicata agli spazi di lavoro.
Intanto Oxi…
Commentario. Sta prendendo forma il quarto numero della nostra pubblicazione periodica, dedicata quest’anno al concetto di Identità. Un format che si ripete ed a cui hanno contribuito persone del mondo dell’impresa, della politica, dell’arte, della consulenza. Qui potete rivedere (e ordinare, se non li avete ancora) i numeri precedenti.
Presto vi sveleremo tutto sull’uscita, la presentazione e la distribuzione del quarto numero.
Appuntamenti
OS Eventi (Episiodio III). Il terzo appuntamento in OfficinaStrategia si terrà all’inizio di giugno, dopo i due incontri di ottobre e marzo. Dopo aver parlato di tempo e fiducia ci concentreremo sul tema delle competenze. Continuate a seguire Postilla per rimanere aggiornati ed essere tra i primi ad iscrivervi.
Letture, visioni, ascolti
Ridurre la complessità. Nel 39esimo numero de “La settimana dell’Alieno”, una newsletter di economia e dintorni che merita di essere seguita, l’autore scrive:
Per la prima volta stiamo introducendo nuove tecnologie che anziché espandere le nostre opzioni, riducono le nostre possibilità. Scelgono per noi. (cut) Via via che la conoscenza della psiche evolve, gli algoritmi diventano più bravi a prevederci e anche a toccare i nostri punti sensibili, per produrre la reazione desiderata, e modellare il comportamento umano. Si automatizza il modo in cui si determina cosa i singoli individuano pensano o fanno, quasi come marionette.
I segreti di Novo Nordisk. Nella sua newsletter “Whatever it takes” (a cui ci si iscrive qui) il vicedirettore del Corriere della Sera, Federico Fubini ha parlato di Novo Nordisk (qui il tema in un suo articolo online), una azienda farmaceutica nata un secolo fa che negli ultimi mesi ha superato il valore di Borsa di 500 miliardi di dollari, diventando la tredicesima al mondo per capitalizzazione e la prima europea. L’azienda nacque da un patto fiduciario che impegnò il fondatore August Krogh a non accumulare profitti. La prima caratteristica di Novo Nordisk è appunto che tutti gli utili vengono reinvestiti obbligatoriamente in ricerca scientifica.
Fubini affronta così un tema caro ad Oxigenio, quello del profitto come mezzo e non come fine dell’attività imprenditoriale - aziendale.
Scrive a tal proposito Fubini:
Novo Nordisk ribalta in un colpo solo decenni di teoria economica secondo la quale massimizzare il profitto in ogni momento assicurerebbe anche il massimo dell’innovazione e del benessere.
Significa che nel capitalismo del ventunesimo secolo vince chi è anti-capitalista?
Non necessariamente. Significa però che nessuno ha il monopolio della verità e che mantenere la mente aperta conviene sempre.
Futuri preferibili. Nell’ultimo numero della sua newsletter su Substack, Matteo Roversi dice tra le altre cose:
La tecnologia ha disfatto il pacchetto dell’organizzazione fordista trasformando i lavoratori in individui isolati, attivati e manovrati dalle piattaforme. Ora il compito delle organizzazioni è quello di riconnettere gli individui per creare una forza lavoro flessibile, libera, capace di rispondere attivamente ai cambiamenti anziché subirli. Una forza lavoro organizzata come una comunità: oltre la convivenza forzata del modello fordista, oltre l’isolamento della gig economy, un modello in cui le persone scelgono come e quando collaborare per raggiungere un risultato. Né come Ford, né come Uber: come Wikipedia. E non ci dispiace l’idea che il modello che organizzerà il lavoro del futuro sia diverso da quello usato per produrre merci, o per spostare e consegnare cose, ma sia quello usato per creare e condividere conoscenza.
È un numero ricco di spunti, da leggere attentamente, anche per tornare a riflettere su come il Covid abbia cambiato meno cose di quelle che ci aspettavamo tranne una: il modo in cui lavoriamo.
E anche per il numero 27 è tutto.
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